domenica 28 febbraio 2010

31-Tempesta

Onde talmente alte che appaiono e scompaiono all'orizzonte come enormi montagne di acqua con fluttuanti sbuffi di schiuma che richiamano alla mente le cime imbiancate dalla neve.
Il nero del cielo si mescola a quello del mare, un oscura miscellanea che mi impedisce di capire dove finisca uno e dove inizi l'altro.
Piove, insistentemente, non posso ripararmi dall'acqua, tant'è quella, salata, che il vento mi sbatte in faccia e quella, dolce, che il cielo mi stà rovesciando addosso incurante delle mie difficoltà.
In mezzo a questa indescrivibile situazione mi sento terribilmente solo ed abbandonato al mio destino, sbattuto un pò qua un pò là.
Sotto di me e nelle identiche precarie condizioni, un vascello cerca disperatamente di mantenersi a galla, anche lui in completa balia delle onde.
I suoi piegamenti sui fianchi, fanno si che gli alberi vadano ad accarezzare il pelo dell'acqua, ogni movimento sembra che sia l'ultimo, in attesa dell'onda decisiva che riesca a rovesciare definitivamente lo scafo ponendo fine a quella immane fatica.
Le vele sono abbassate, in segno di resa, il comandante ha ormai deciso che uscire da quell'inferno sia impossibile, inutile quindi sperare in un colpo di vento benevolo che, gonfiando le grandi ma ormai lacere vele, possa portarlo fuori di lì.
Il suo sguardo è fiero, le rughe e le cicatrici che solcano il suo volto, fanno pensare ad una vita realmente vissuta.
Quell'uomo deve averne passate tante e fino ad oggi ne era sempre uscito da vincitore, anche se "segnato".
Quell'improvvisa arrendevolezza al fato, mal si coniugava con quella figura.
Forse era vecchio, forse solo molto stanco, ma ormai il suo sguardo era rivolto verso un indistinguibile orizzonte, e le sue braccia non impugnano più il timone, ma sono tristemente distese lungo i fianchi.
Una massa di acqua colpisce il vascello sul lato destro, un altra su quello sinistro la prua si alza violentemente e .... un onda grandissima si stà abbattendo su quello che ormai è solo un pezzo di legno alla deriva.
é veramente un onda enorme, forse la più alta e maestosa mai vista dal comandante in tutta la sua vita passata in mare.
"Se devo essere sconfitto meglio che lo sia da un onda così", pensa " in fondo sarà un sollievo sapere di essermi piegato solo alla più grande delle onde che il mare potesse creare".
Abbozza un sorriso, quasi convinto di ciò che aveva pensato, poi, un improvviso bagliore illumina i suoi occhi: quell'onda poteva essere la prova che esisteva qualcosa più forte di lui, oppure poteva rappresentare una nuova sfida da vincere.
Sorride di nuovo, si lascia andare in una imprecazione incomprensibile, le sue mani afferrano saldamente il timone, le vele si alzano.
Ha deciso per la sfida, forse ne uscirà sconfitto ma non senza lottare.
E se deve essere sfida, sfida sia.
Il mare ed il vascello sembrano belve avvinghiate tra loro nell'atto di una feroce lotta corpo a corpo.
Un fulmine mi sfiora, ed il suo lampo mi abbaglia per alcuni secondi, quando i miei occhi riacquistano la capacità visiva, il vascello non c'èa più ... il mare se lo è probabilmente inghiottito.
Penso alla fierezza di quel comandante che aveva deciso di lottare fino all'ultimo, poi alcune grida attirano la mia attenzione, mi volto e vedo, in un'area di mare calmo ed illuminato da uno spiraglio di sole, il vascello, ed il suo comandate, distrutto uno dalla forza del
mare, l'altro dalla fatica.
Ride sguaiatamente il comandante felice di aver vinto anche quella sfida, potrà raccontare di aver battuto anche quel mostro del mare.
Ride, il comandante, e si maledice diaver pensato che era arrivato il momento di arrendersi.

sabato 27 febbraio 2010

30-Lo gnomo con lo specchio

Paffutello, faccia simpatica ed aria da bonaccione, questo l'aspetto dello gnomo che mi sono trovato di fronte camminando per un prato fiorito.
Unica stranezza, aveva un grande specchio in mano, e da esso non distoglieva mai lo sguardo ... vanesio, pensai!
"Ciao folletto, come stai? E' bello incontrarti ! Simpatico quel cappello"
Non aveva ancora alzato gli occhi e non poteva sapere se avevo o meno il cappello in testa ...
"Io non ti ho mai visto prima in questo luogo, ma devi essere uno bravo.
Hai visto che bella espressione assume la mia bocca quando dico la parola 'bravo' ?
"
Ogni espressione del volto era effettivamente misurata e pesata, i movimenti delle mani studiati nei minimi particolari.
"Non ti conosco, non so che fai ne come vivi, ma per me hai un problema, tutti hanno problemi, se vuoi ti aiuto io a risolverlo. Io so come fare.
Certo che questo taglio di capelli mi dona proprio, vero? risalta il colore dei miei occhi !"

Non si fermava un momento, non mi aveva nemmeno permesso di aprire bocca, continuava nella sua tiritera guardandosi allo specchio, ammirato dalla sua immagine e soddisfatto del suo modo di parlare.
Mi sono allontanato in fretta mentre lui aveva già ricominciato a parlare (probabilmente è ancora li che lo fa e non si è reso conte di essere da solo ...).
Io diffido di chi ama guardarsi e sentirsi, preferisco chi guarda ed ascoltra il mondo che lo circonda, alla faccia del proprio aspetto.

venerdì 26 febbraio 2010

29-Ho scoperto qualcosa di nuovo

Nel prato ai margini del bosco vengono talvolta alcune famiglie per passare momenti di svago e di spensieratezza, allontanandosi dalla loro grande e caotica città.
Mi piace fermarmi ad osservarli, mentre compiono gesti rituali e ripetitivi, ma che a loro sembrano dare molta gioia.
Personalmente preferisco l'imprevisto, l'istinto, fare ciò che mi pare nel momento che più mi piace.
Loro, invece, sembrano cercare solo la tranquillità.
Nonostante questo, è piacevole osservarli ed in fondo trasmettono serenità anche a me.
L'ultimo gruppetto non è stato però molto rispettoso del prato e del bosco, e molti "residui" del loro passaggio erano rimasti un pò ovunque.
Per fortuna ci hanno pensato i miei amici uccellini a ripulire tutto .... però una cosa è rimasta sul prato, si sono dimenticati uno strano,ed ingombrante, oggetto che dava loro molto divertimento.
A turno si mettevano in posa, qualche volta seriamente, altre volte con goliardia, mentre uno di loro, guardando dentro lo strano oggetto diceva di scattare "foto da rivedere" ...
Immagino sia una delle tante stranezze della città, comunque l'oggetto me lo sono tenuto io, cercherò di capire come funziona, e chissà che non mi torni utile nel mio viaggio.

giovedì 25 febbraio 2010

28-L'albero ed il vaso

Ai piedi del grande albero, un vaso di coccio che raccoglieva l'acqua che cadeva da una delle foglie del ramo che si protendeva verso di lui.
Una goccia alla volta, lentamente, e quella era l'unica foglia dalla quale cadevano.
Il vaso era ormai stracolmo, il liquido raggiungeva il bordo superiore e sembrava voler trabordare da un momento all'altro.
"Basta un'altra goccia" pensai, ed aspettai di vedere cosa sarebbe successo.
No, mi sbagliavo, la goccia si tuffò nella brocca, ma l'acqua non uscì dal vaso; eppure sembrava veramente che non ne potesse contenere più.
Ancora una goccia, poi un altra ed un altra ancora, ma il livello del liquido non cambiava.
Mi accertai che non vi fossero falle o perdite nella superficie del vaso... niente, l'acqua vi cadeva dentro, ma non ne usciva.
La cosa non mi convinceva ed allora chiesi all'albero quale strano mistero poteva permettere ciò.
"Io alimento la speranza del vaso, lui la raccoglie, tutto qui".
"va beh, questo l'avevo capito" chiesi ancora "ma per quale motivo l'acqua non esce mai ?"
"Semplicemente perchè la speranza non può essere buttata via, ogni goccia deve essere aggiunta alle altre, senza mai sprecarne una. Quindi il vaso la contiene tutta, nonostante io continui a versare in lui ancora goccie di questo sentimento."
"Interessante, ma non mi hai spiegato dove va a finire tutta quell'acqua che dovrebbe uscire ma che rimane dentro il vaso", continuai con le mie perplessità.
"Da nessuna parte, resta tutta li dentro. Puoi pensare sia magia, oppure quello che vuoi, ma è così" mi disse forse un pò scocciato dalla mia insistenza.
Ma non mi convinsi per niente " non esiste un contenitore che possa contenere qualcosa all'infinito senza mai riempirsi totalmente"
"Che sciocco folletto ho trovato oggi ! Forse l'amore ha una misura? Forse il tuo cuore è in grado di amare solo fino ad un certo limite ? E non puoi amare 'immensamente' più persone, o cose o animali o ... il tuo cuore ama forse una volta per volta? E se il cuore non ha limite nell'amare perchè lo dovrebbe avere un vaso che vuole continuare a sperare ?"
Amore ... speranza ... ci vorrebbe davvero un grande sacco per contenerli ... ma credo che l'albero avesse ragione ... ho un cuore e tutte le volte che credo sia "pieno" scopro che c'è sempre del posto libero per nuove sensazioni.

mercoledì 24 febbraio 2010

27-La melodia

Mi capita, a volte, di suonare il flauto per rendere più armonico lo spazio che mi circonda, quando lo faccio, molti uccellini si posano sui rami vicini e mi accompagnano con il loro canto.
Ogni nota, messa sullo spartito, contribuisce a creare una melodia; una dietro l'altra come a non voler finire mai.
Quasi sapessero leggere quella serie di pallini e stanghette, anche i miei improvvisati amici orchestrali, riescono a seguire la melodia arricchendola di sonorità.
Talvolta qualche nota scappa, una stecca, un erreore ... ci stà, ma la melodia continua, vorrei poter tornare indietro per ripetere il brano correttamente, per vedere se in quel particolare punto ricommetterei lo stesso errore, ma gli uccellini continuano a cantare, ed io non posso fare altro che seguirli... al prossimo ritornello proverò a non stonare.
Le note sul pentagramma sono come gli anni nella vita ... un pallino dietro l'altro, suonati in fretta, senza poter tornare indietro perchè altri stanno già correndo avanti.
E come nella musica anche nella vita si possono (o si devono?) commettere errori, fare qualche stecca, l'importante è il sapersi riprendere, capire quale è stato il passaggio che ci ha messo in difficoltà e, al prossimo ritornello, non ripetere l'errore (magari per commetterne uno nuovo ...).
In una canzone ciò che ti rimane a mente è proprio il ritornello, che ricorre ... ricorrenza!
Quando si ha una ricorrenza ci si guarda indietro, ma si continua a correre avanti, con passo più deciso.
Auguri a tutti coloro che oggi, o in altro giorno, possono dire "oggi ho messo una nota in più sul pentagramma" sono certo che ne nascerà una dolcissima melodia.
Mi spiace per coloro i quali hanno invece dovuto interrompere la loro canzone sul più bello ... per loro non ci saranno più "ricorrenze" ... ma questa è un'altra storia, triste, che oggi, giorno di festa, non mi va di raccontare.
AUGURI ! Qualunque sia il motivo per cui oggi festeggi, fa in modo che la tua vita diventi la più bella melodia mai scritta e suonata.

martedì 23 febbraio 2010

26-La formica

Passeggiando, come mio solito, mi sono attardato ad osservare un gran numero di formichine che si stavano dirigendo tutte in un unica direzione, formando una lunghissima, ma ordinata e disciplinata, fila.
Come è strana la natura, e quanto è affascinante la sua stranezza.
Ogni essere vivente possiede capacità che gli permettono di vivere nel mondo in cui si trova.
Ma, chissà per quale motivo, ce ne è una che è inversamente proporzionale alle necessità, èd à la forza fisica.
Più un essere è piccolo e più è forte fisicamente.
Insetti quali le formiche possono alzare pesi 10 volte superiori al loro.
Io, folletto del bosco, mai riuscirei a fare tanto, e nessun essere umano della "grande città" potrebbe esprimere tale potenza.
Mi piace pensare che anche la forza interiore sia così, mi piace credere che più una persona sembri piccola, esile e fragile, e più sia forte e determinata.
E mi viene da ridere pensando a quei tanti energumeni che ostentano forza,e potere, immaginando che potrebbero essere spazzati via dal primo colpo di vento ....
Si, è strano ... ma vero!

lunedì 22 febbraio 2010

25-Immagina

Per una generazione è stato uno stile di vita
Per una un ideale da combattere
Per un'altra solo una canzonetta
Molti ne hanno assaporato il significato
Molti hanno solo ascoltato la musicalità delle parole
Chiunque voi siate,
che sia per voi la prima volta o che lo abbiate già fatto,
...... :

Immagina non ci sia il Paradiso
prova, è facile
Nessun inferno sotto i piedi
Sopra di noi solo il Cielo
Immagina che la gente
viva al presente...
Immagina non ci siano paesi

non è difficile
Niente per cui uccidere e morire
e nessuna religione
Immagina che tutti
vivano la loro vita in pace...
Immagina un mondo senza possessi
mi chiedo se ci riesci
senza necessità di avidità o fame
La fratellanza tra gli uomini
Immagina tutta le gente
condividere il mondo intero...
Puoi dire che sono un sognatore
ma non sono il solo
Spero che ti unirai anche tu un giorno
e che il mondo diventi uno

Di notte, nel bosco, in compagnia delle mie amiche lucciole, mi capita ancora di prendere la vecchia chitarra e, cantando con loro, sentire i brividi come la prima volta che ne capii a fondo il significato.
E di giorno, ogni giorno, ripeto queste parole come fossero parte di un preghiera: ci sarà una stella, da qualche parte, che ascoltandomi esaudirà prima o poi questo mio desiderio.

domenica 21 febbraio 2010

24-L'aquilone

Vorrei essere un aquilone nelle mani di una bambina.
Legato ad un anima pura solo da un sottilissimo filo, lei la mia guida io il motivo del suo stupore.
Non avrei timore di sentirmi in mani così inesperte, certo che, finchè sarà nelle sue possibilità, mi terrebbe stretto a se con tutta la forza a sua disposizione.
E se un giorno un colpo di vento mi strapperà dalle sue mani, sarà perchè è il momento di salutarci, affinchè la sua gioia possa nascere dal suo cuore e non dai miei volteggi in cielo.
Ma poi chissà ... il vento un giorno potrebbe riportarmi da lei per fare in modo che almeno il ricordo di me, e quello di essere stato un suo "gioco", non sparisca mai dal suo cuore fanciullo.
In fondo l'essere un folletto ... è proprio questo.

venerdì 19 febbraio 2010

23-Lacrime

La nebbia si stava diradando, finalmente tornavo a vedere almeno quello che avevo davanti, era stato come attraversare una nuvola.
Per fortuna ero riuscito a non perdere il sentiero e questo mi rassicurò .
Decisi di fermarmi un attimo, per riprendere il fiato, dato che ne ero un pò a corto.
Un leggerissimo rumore alle mi spalle, qualcuno stava, come me, camminando nella neve alta.
Mi volto e la vedo, anche lei appena uscita dalla nebbia si stava chiedendo dove era, se si era persa oppure no.
Due occhi dolcissimi, un corpo tanto esile quanto elegante nei movimenti.
Quella cerbiatta aveva qualcosa di speciale che la distingueva dalle altre.
Ci siamo guardati negli occhi, io non le avrei mai fatto del male, ma avevo una gran voglia di avvicinarmi a lei e, ma non sapevo per quale motivo, di stringerla forte a me in un tenero abbraccio.
Lei aveva capito, sapeva che non le avrei fatto niente, ma la diffidenza era molta, forse aveva già incontrato in passato dei folletti come me, e non le erano rimasti dei buoni ricordi.
A volte sembrava accennare un passo verso me, poi subito si fermava per arretrare nuovamente.
Siamo rimasti in quella posizione non so per quanto, poi lei si é voltata e lentamente si é allontanata.
"quando vuoi, torna, io rimarrò su questa strada" le ho gridato prima che rientrasse nella nebbia.
Nella neve alta e fresca si erano formati dei cristalli di forma diversa dai soliti fiocchi di neve, penso siano state lacrime.
Mi piace pensarlo.

giovedì 18 febbraio 2010

22-Amiche stelle

Stanotte non riuscivo ad addormentarmi, ero lì, sul mio letto di foglie, naso all'insù.
Sopra di me solo il cielo completamente illuminato dalle stelle.
La loro luce era viva, un continuo pulsare, come tanti cuori che battevano, come occhi che si aprivano e richiudevano nel guardarmi.
Mi sarebbe piaciuto essere tra loro, uno di loro, così materialmente irraggiungibile ma fonte di vibranti emozioni.
Poi mi sono immaginato lassù a guardare giù ... no, preferisco rimanere qui dove sono per poter, ogni tanto, alzare gli occhi e vederle, e se anche non le vedo, sapere che ci sono.
Ho socchiuso gli occhi e mi sono addormentato.
Grazie amiche stelle.

martedì 16 febbraio 2010

21-La nevicata

Brrr, che aria fresca !
Stà nevicando, e non posso certamente perdermi lo spettacolo dei fiocchi di neve che scendono lentamente dal cielo per adagiarsi, altreattanto dolcemente, a terra formando, gli uni fondendosi agli altri, un manto candido.
Io che sono piccolo, riesco a vederli da vicino, e vi posso dire che la loro bellezza è talvolta disarmante.
Non ce ne è uno uguale all'altro, sono tutti diversi .... diversi .... DIVERSI ..... DiVeRsI ... che strana parola "diversi".
Mi chiedo, cosa vuol dire essere diversi?
Forse laddove esiste una "normalità" può esitere anche una "diversità" ... ma cosa è normale, cosa è diverso.
Ed il normale lo è rispetto a cosa ?
Il diverso lo è da chi ?
Se tra dieci folletti solo uno è vestito di rosso, mentre gli altri lo sono di verde, è lui il "normale" e gli altri i "diversi", oppure il contrario solo perchè loro sono in numero maggiore ?
Che strani pensieri mi vengo talvolta .... ma sono troppo piccolo per riuscire a trovare una risposta dentro di me, dovrò chiedere aiuto a qualche saggio del villaggio.
Intanto mi godo questa nevicata, e mi guardo tutti questi fiocchi di neve, ognuno diverso dall'altro, ognuno più bello dell'altro.

domenica 14 febbraio 2010

20-San Valentino

Oggi è San Valentino, la festa degli innamorati, anche per noi creature del bosco, seppur con alcune piccole, insignificanti varianti.
Qui da noi, per sentirsi profondamente innamorati, non importa essere fidanzati, sposati, conviventi, conoscenti o altro (non importa nemmeno essere in due ...).
Noi possiamo essere innamorati di una persona, di un amico, di un genitore, di un figlio, di un animale, di un oggetto, di un ideale, di un sentimento, di ciò che vediamo e di ciò che sentiamo, amiamo la natura, i fiori, gli alberi e gli animali.
Noi amiamo e siamo innamorati di tutto ciò che ci circonda, purchè sappia trasmetterci qualcosa.
Da voi, nelle "grandi città" sappiamo che vigono altre regole .... ma io sono un folletto ed auguro a tutte ed a tutti un buon San Valentino perchè sono certo che in ognuno dei vostri cuori avete un angolino di AMORE, da dare e da ricevere !

sabato 13 febbraio 2010

19-Dedica

Il fato, che non è il marito della fata ..., mi costringerà a fermarmi per qualche giorno, interrompendo il mio viaggio.
Una improvvisa emergenza nel bosco richiede la presenza di tutti folletti in zona.
Mi stò precipitando anche io; chissà se potrò sbirciare un pò, ogni tanto, nel cuoricino delle mie amiche fatine, ed in quello della mia stella guida.
Di sicuro sentirò la loro mancanza, anche se continuerò a sentirle sempre vicine a me ... speriamo che loro aspettino il mio ritorno.

Come saluto, vorrei dedicare questa poesia di Veronica A. Shoffstall a tutte le creature del bosco che non sanno di essere così "belle" come le vedo io.

Dopo un pò impari la sottile differenza
tra tenere
una mano e incatenare un'anima.
Impari che l'amore non è appoggiarsi a qualcuno
e la compagnia non è sicurezza.

Ed inizi a imparare che i baci non sono contratti e i doni non sono promesse.
Incominci ad accettare le tue sconfitte a testa alta con gli occhi aperti,
con la grazia di un adulto,
non con il dolore di un bimbo.
Ed impari a costruire tutte le tue strade oggi,
perchè il terreno di domani è troppo incerto per fare piani.
Dopo un pò impari che il sole scotta se ne prendi troppo.
Perciò pianti il tuo giardino e decori la tua anima,
invece di aspettare che qualcuno ti porti fiori.

E impari che puoi davvero sopportare, che sei davvero forte e che vali davvero.

Agli amici folletti, ai maghi, alle fate, agli gnomi ed a tutti coloro che mi accompagnano in questo mio viaggio, vi voglio bene.

p.s. nel bosco dove mi stò recando c'è neve ...tanta neve.

venerdì 12 febbraio 2010

18-Il paguro e la conchiglia

Quando sono un pò triste, ed oggi lo ero, chiedo al vento di portarmi sul "mio" scoglio, quello sul mare, con quella luce magica che va e che viene ...
Lì mi trovo a mio agio, ed ogni volta è per me come ricominciare una nuova vita. Se tutti potessero avere un luogo rigenerante e ristoratore come il mio ...
Me ne stavo a contemplare il mare, quando alcune grida mi hanno destato da quell'ipnotico sonnecchiamento: un granchio stava rincorrendo un piccolo ed indifeso paguro che si era da poco liberato della sua conchiglia.
Il paguro, essendo più piccolo e più agile, riusciva a sottarsi alle chele del suo aggressore.
Improvviso colpo di fortuna (per il paguro) una conchiglia vuota, abbandonata, rifugio perfetto.
Il granchio, sbuffando di rabbia per il mancato banchetto, se ne tornò sui suoi passi.
Lentamente, molto lentamente, il piccolo paguro provò ad affacciarsi e solo dopo essersi assicurato che l'altro se ne era andato si tranquillizzò.
"Ehi, signorino!" rivolgendosi a me " certo che, invece di startene li a guardare lo spettacolo, avresti anche potuto aiutarmi!"
"Vero" gli risposi ironicamente " ma è la stessa cosa che anche il granchio avrebbe potuto chiedermi ..."
Lo avevo zittito immediatamente, ma facemmo amicizia e, dimenticandomi dei motivi che mi avevano fatto essere triste fino a pochi attimi prima, cominciammo a parlare.
"Il nostro corpo cresce molto più in fretta delle conschiglie che ci ospitano, e quindi siamo spesso costretti a lasciare il vecchio guscio per andare alla ricerca di uno più grande. E' proprio in questo "passaggio" che diventiamo vulnerabili, ed i granchi sono sempre lì ad aspettarci. Però io son più furbo di loro ....."
"Ma non ti affezioni alla tua conchiglia ?" gli chiesi.
"Certo, che diamine, diventiamo uno parte dell'altra, io sono la sua vitalità, lei la mia protezione ... ma ad un certo punto ci rendiamo conto di essere entrambi come in "gabbia" e quindi lasciamo che la natura faccia il suo corso. Però, ogni volta, la tristezza del saluto viene compensata da una ... magia!"
"Magia ?" domandai stupito (ma non troppo).
" M-A-G-I-A, scandì come a non voler essere frainteso. Tutto quello che un paguro vive a livello di sensazioni, rimane dentro la conchiglia, così quando io entro nel nuovo guscio vengo invaso da tutte le esperienze fatte dal paguro che prima di me l'aveva occupato. Le belle sensazioni mi riempono di gioia, quelle cattive , perchè ci sono anche quelle, mi servono da monito, per evitare gli errori commessi da lui. E' bellissimo, e lo è ancora di più il sapere che un pagurino, più piccolo di me, in questo momento stà entrando nella mia vecchia conchiglia e stà provando le mie vecchie esperienze".
"E' vero" dissi sorridendo "lasciamo che la natura compia il suo corso, non ostacoliamola, nemmeno quelle volte che ci mette alla prova".
Sapevo benissimo cosa voleva dire il paguro, anche io ho vissuto per un lungo tempo nel bosco con una lumachina, anche lei si portava sempre dietro la sua casa per potersi riparare e proteggere in qualsiasi momento.
Un giorno se ne è andata lasciandomi solo quel guscio vuoto, ma ancora oggi, quando mi prende la malinconia, entro li dentro e riesco a rivevere tutte quelle sensazioni che avevo provato con lei...
Tornai a contemplare il mare, ma non ricordandomi più del motivo della mia iniziale tristezza chiesi al vento di riportarmi a casa, una qualsiasi, purche la potessi sentire "casa mia".

giovedì 11 febbraio 2010

17-Due corpi in uno

Una carezza sul collo, un bacio sul naso, le mie mani che scivolano lentamente sui suoi occhi fino a coprirli completamente. Nessuno scatto da parte sua, segno di grande fiducia accettare di farsi chiudere gli occhi, di rinunciare alla propria vista.
Le mie ginocchia premono con decisione, ma con altrettanta dolcezza, sulle sue spalle.
Le mie mani sfiorano la sua schiena accarezzandole i capelli, castani, lunghi.
Un segnale, più pensato che trasmesso ed improvvisamente siamo due corpi in uno.
Io gli occhi, lei le gambe, quale sia la strada da prendere nessuno dei due lo sa, la meta è sconosciuta.
Alternare il passo lento, per poterci scambiare due parole, alla frenetica corsa per la gioia di sentire il vento in faccia.
La fatica fisica non offuscherà mai il piacere di essere stati insieme.
Ci salutiamo, e già contiamo i minuti che ci separano dal prossimo incontro.
Un ultimo sguardo ....
Dimenticavo, oggi non mi sono fatto trasportare dal vento, oggi sono stato a fare una passeggiata con la mia cavallina, che si chiama Bella e che, di notte, quando nessuno la vede, si trasforma in fata per entrare nei sogni dei bambini e far loro compagnia.

mercoledì 10 febbraio 2010

16-In stazione

Quanta folla e quanta confusione intorno a me.
Sono capitato in una stazione ferroviaria, e le persone sembrano tante marionette alle quali sono stati tagliati i fili.
La maggior parte di loro cammina freneticamente, verso una direzione precisa, ma solo a loro conosciuta, con sguardo fisso nel vuoto, con passo deciso. Non disponendo di "radar" come quello dei miei amici pipistrelli, il fatto che riescano a non urtarsi l'un contro l'altro, mi fa credere che percorrano quel tragitto da così tanto tempo da aver già memorizzato ogni passo.
Potrebbe accadere di tutto al loro fianco, sicuramente non se ne accorgerebbero.
Che tristezza, un posto come questo, così altamente frequentato, potrebbe essere una inesauribile fonte di sensazioni, di incontri.
Ed invece è tutto così grigio, come il fumo che esce dalle locomotive.
Per fortuna, però, riesco comunque a percepire vibrazioni, forse, tra tutta questa gente, qualcuno stà ancora gustandosi la bellezza della vita, forse stà sorridendo.
Mi volto, due ragazzi che teneramente si tengono per mano, stanno scendendo da un treno, anche i loro sguardi sono "persi", ma nei loro pensieri vedo giardini con alberi, fontane, animali .... è decisamente tutto un altro perdersi questo!
Lei ha, tra le mani, quattro bellissime rose rosse, le stringe a se come temesse che qualcuno potesse prendergliele.
E' strano, tutti sanno che il numero delle rose, se non è in dozzine, deve essere sempre dispari ... cosà significherà quel quattro ?
Due cuori ... quattro rose ... forse è solo magia.
Do un ultima occhiata alla stazione, che strano, tutti i treni fermi sui binari sono incolori come lo erano le persone di prima, tranne uno, coloratissimo,quello da cui erano scesi i due ragazzi.
Se mai dovessi prendere un treno lo vorrò colorato come quello.

martedì 9 febbraio 2010

15-L'incontro che ci voleva

Prima o poi doveva accadere, era ovvio che, in un bosco che non conosco, di notte, nel bel mezzo di una bufera di neve, mi sarei perso ... Quando si dice che i "mali" non vengono mai da soli ....
E poi fa freddo, il mio abbigliamento non é certo da alpinista ed ho perso la sciarpa (mi consola però sapere che adesso sta scaldando un nasino più carino del mio).
Gli abitanti di questo strano bosco mi osservano da lontano.
Riesco a sentire le loro voci, alcuni hanno paura di me, mi vedono cosi diverso da loro, non capisco, sono così piccolo ... come possono aver timore di me.
Altri sono solo incuriositi, chi prova a darmi coraggio indicandomi di essere sulla strada giusta per uscire da li, altri che .... ridono di me: posso tollerare la paura di ciò che non si conosce, ma la derisione mi disturba molto.
Mi sentivo veramente perso, pensavo di non potercela fare, fino a che, davanti a me, come un miraggio, é apparsa una fata, grande, molto più grande di me (non che ci voglia molto per esserlo) e bellissima, molto più bella di me (ed anche su questo ... massimo risultato con il minimo sforzo).
"Grazie" le dico "portami fuori di qui".
Lei mi guarda, sorride (é veramente bella!) mi porge la sua mano e mi dice: "non hai capito, io non ti devo far trovare la strada, io ti ho portato fino a qui, adesso con l'aiuto di tutto ciò che ti circonda puoi continuare sa solo. Il mio compito finisce qui, mi sono mostrata a te solo perché ho sentito nella tua mente il dubbio di non farcela. Sono sempre stata al tuo fianco, e continuerò ad esserlo anche una volta uscito da questo bosco, seppur i tuoi occhi non mi possano vedere ".
"Chi sei?" chiesi. "una fata, non migliore, non peggiore, di tutte le altre fate. Sono nata durante una bufera di neve, come quella di oggi, é per questo che, in onore del ghiaccio che si era formato così puro e limpido, mi chiamarono ”Cristallo” "
Capii che stava per andarsene, nuovamente fui assalito dalla sensazione di sconforto, lei lo percepì immediatamente, e disse, sussurrandomi nell'orecchio "se credi che io non ci sia, se non mi vedi, chiudi gli occhi, pensami e riaprili. Sicuramente vicino a te ci sarà qualcosa che ti farà pensare a me. Quella é la prova che cercavi, io c'ero."
Mi salutò baciandomi sulla fronte, ma prima di andarsene definitivamente, stacco un pezzo della sua veste e me lo donò.
Non potevo credere ai miei occhi, stava albeggiando, il sole spuntò dall'orizzonte, la luce illuminò il bosco, aveva smesso di nevicare e non avevo nemmeno più freddo al naso.
Come tante volte mi accade, non capisco se quell'incotro é stato reale o solo un sogno ... Poi mi accorgo di avere qualcosa in mano ... Un ricordo, un pezzo, un frammento, della mia nuova amica fata di nome "Cristallo".

lunedì 8 febbraio 2010

14-Un mare di pace

Sono caduto in mare ... me ne stavo mezzo assonnato sulla mia foglia quando la brezza che ci stava spingendo, che per fare i dispetti talvolta mi supera, ha improvvisamente smesso di soffiare.
Puff, un bel bagnetto in acqua, non che non ce ne fosse bisogno (anche noi folletti dobbiamo curare l'igene ...) però, mi avessero avvertito mi sarei preparato.
Ho dovuto aspettare che la foglia mi raggiungesse in acqua (la sua "caduta" è stata molto più elegante e armoniosa della mia ....) e, una volta raggiunta, mi ci sono seduto sopra affinche le mie aluccie si asciugassero.
Non potevo certo dire di aver cominciato bene la giornata, ma ormai c'ero in quella situazione, che ci potevo fare? Mi son detto, siamo in mare, godiamocelo.
Mi sono disteso in posa da sirenetto (le risate che si son fatte quelle tre farfalline che son passate prima, mi risuonano ancora nella testolina) ed ho lasciato che il sole mi scaldasse.
Il respiro del mare mi sollevava per poi "risucchiarmi" dentro di se, come se mi volesse cullare.
La pace si è impadronita di me, e mi sono sentito tutt'uno con la natura circostante.
E' proprio vero, per potersi sentire parte del mondo a volte occorre starsene da soli, in silenzio ed ascoltare i rumori che non ci sono.

domenica 7 febbraio 2010

13-Il ballo

Mi sono fermato in un villaggio, simile al mio, con gnomi, fate e folletti. Avevano organizzato una festa e stavano ballando.

Quando nell'aria si diffuse una melodia, le mie corte gambe iniziano a muoversi.

Fra tutta quella gente riconobbi un fata, vecchia mia conoscenza, con la quale avevo ballato in molte occasioni. Le chiesidi concedermi l'onore.

Conoscevamo i passi a memoria, i nostri movimenti erano quasi perfetti. Ben presto intorno a noi si fece il vuoto, il ritmato battito della mani accompagnava ogni nostro movimento. Finita la musica ci salutammo e, tra i graditi complimenti degli altri, mi allontanai per rimettermi in viaggio.

Ripensavo a quel ballo, mi ero divertito, ma ... C'era qualcosa che non mi aveva convinto nella mia amica fata,ballerina.

Provai a socchiudere gli occhi e pensai a lei intensamente. Brava, non aveva sbagliato un passo, in un paio di occasioni aveva anche rimediato ad alcune mie incertezze sapendo quello che doveva fare.

Ma qui i miei ricordi si fermavano, oltre questo non andavo. Chi era lei, veramente, si stava divertendo, ma era felice?

Non ricordo il suo nome il colore degli occhi, quello dei capelli, solo che era una brava ballerina.

É stato in quel momento che mi sono ricordato di un incontro fatto tempo fa, sul quale, sinceramente, non so ancora se trattavasi di realtà o di uno dei miei tanti sogni ad occhi aperti.

Stavo camminando in un bosco, mani in tasca, fischiettando, alzai gli occhi al cielo proprio nel momento in cui un numeroso stormo di rondini stava passando sopra di me. Migrano verso luoghi più caldi, pensai.

D’improvviso, li davanti a me, ai piedi di un grande e robusto albero, una rondinella che era uscita dal gruppo.

Tremava, forse infreddolita, forse impaurita. Mi guardava, un po’ con sospetto, un po’ con sollievo, mi avvicinai a lei per darle conforto, e cominciò a sussurrare cose a me incomprensibili: chiavi, porte, lucchetti.

Non era impazzita, ma qualcosa la turbava, la fissai negli occhi … io la conoscevo, io l’avevo già incontrata, probabilmente con forme diverse, in luoghi diversi, in situazioni, diverse … ma gli occhi erano quelli.

Ma dove l’avevo vista ? Non potevo chiederlo a lei, era così spaurita.

Non sapevo cosa fare, come muovermi, volevo convincerla a tornare nello stormo, farle capire che, restando li si sarebbe potuta perdere.

A volte, la stupidità supera la ragione, ed io, se mi trovo in difficoltà mi agito e perdo ogni capacità logica …l’unica cosa che mi venne in mente di dire fu “vuoi ballare ‘”

Cosa più stupida non sarebbe potuta uscire dalla mia bocca: non c’era musica, nessun amico folletto in vista che con il suo flauto la potesse creare, non so se sapeva ballare, non avevo mai ballato con lei, quindi non avrebbe saputo interpretare la mia guida ed inevitabilmente saremmo inciampati ad ogni passo.

Ma come mi era venuta in mente quell’idea !

Ed invece la rondinella si alzò ed accettò “scusami, non so ballare” fu quello che mi disse mentre si avvicinava a me.

Un orchestra comincio a suonare (dov’era che prima non l’avevo vista) e cominciammo a volteggiare …

Non so per quanto tempo ballammo, sicuramente abbastanza da sfinirci, eppure non ci fu, nei nostri passi, nemmeno la più piccola sbavatura, era la prima volta che ballavamo insieme, eppure sembrava lo avessimo sempre fatto. Accettò, incondizionatamente, di farsi guidare in quelle sequenze a lei sconosciute, sentivo la sua, forse immeritata, fiducia e la guidavo più con gli occhi che con mani.

Quello era ballare!

La musica finì, orchestra sparì con la stessa velocità con cui era comparsa, nessuno applaudiva, quel rumore ritmato che sentivo era invece il mio cuore che batteva fortissimo.

Le feci un largo inchino di commiato. Lei sorrideva felice per aver ballato, notai che le sue mani tenevano stretta stretta una piccola chiave (e quella da dove era uscita?) e spiccò il volo per tornare con il suo gruppo.

Ebbe un ripensamento, tornò indietro verso di me e disse, gridando, “grazie”.

Mi voltai convinto che dietro di me fosse riapparsa l’orchestra e che lei stesse ringraziando il maestro per la splendida melodia che aveva fatto suonare ai suoi orchestrali ….

Non c’era nessuno, chi aveva ringraziato ?

Di lei non rammento se ballasse bene … tutto il resto si, ed anche dove l’avevo incontrata ….

Sorrisi e dentro di me pensai di quanto fosse vero quello che mi dicevano gli anziani quando ero un giovane folletto: “non ti preoccupare, il vento cambia!” cominciavo a capire il significato di quelle parole.

Che strano ricordo vero? Forse lo avevo sognato davvero.

Il sole era quasi completamente calato, misi le mani in tasca, alzai il colletto del mio giubbotto, faceva freddo …

Stava cominciando a nevicare.

Dovevo affrettarmi rischiavo di perdermi in quel bosco, anche se non lo temevo più di tanto, ero in un bosco "amico", ero certo che alcune fate avrebbero vegliato su di me ... indicandomi con iloro segnali la strada giusta.

Però! Che freddo al naso!

sabato 6 febbraio 2010

12-Il pianto

La stanza era scarsamente illuminata, pulita e arredata con semplicità e decoro.
Dall'angolo meno illuminato si udivano singhiozzi, segnali di un pianto.
Mi avvicino, cautamente.
I miei occhi abituatisi alla semioscurità sono adesso in grado di farmi distinguere le forme.
E' un uomo, seduto su una poltrona, le gambe alzate, tenute strette al petto da braccia forti,la testa appoggiata alle ginocchia.
Era nella tipica posizione fetale che usalmente viene assunta quando si ha necessità di protezione.
Credo che quell'uomo, in quel momento, ne avesse bisogno.
Piangeva, non gli chiesi il perchè, non sarei stato in grado di consolarlo e forse avrei peggiorato il suo stato d'animo.
Ma capii che il suo disagio non ero solo il motivo per cui piangeva,i suoi occhi erano al tempo stesso colmi di dolore e di tristezza ... e di vergogna di piangere.
"Se piangi da bambino sei un viziato, se piangi da ragazzo sei un debole, se piangi da adulto sei un perdente", sussurrò interrotto dai singhiozzi.
Penso che il pianto, a qualsiasi età sia una manifestazione, una richiesta, una necessità, mai una cosa di cui vergognarsi.
Quell'uomo si vergognava di avere il coraggio di chiedere aiuto.
A me non è mai mancato questo coraggio, e per fortuna ho avuto spesso degli angeli al mio fianco ad asciugarmi le lacrime.

venerdì 5 febbraio 2010

11-Il circo

Me ne stavo tranquillo seduto su una foglia, entrambi spinti dal vento verso una destinazione a noi sconosciuta, quando la mia attenzione (o curiosità ...) è stata colpita da una macchia colorata nel bel mezzo di un prato verde.
Quanta vita intorno a quello che, avicinandomi avevo chiaramente individuato come il tendone di un circo.
I grandi giocavano come bambini, i bambini lavoravano come i grandi, animali in ogni angolo.
Tutti, comunque, sembravano sorridere.
Quel luogo sembrava carino per potersi un pò soffermare a curiosare (lo dicevo io che era curiosità e non attenzione, per quanto sono distratto io ....).
I rumori di tutte quelle attività si mescolavano ai mille odori che le stesse producevano.
Orecchia e naso hanno faticato un pochino ad abituarsi, ma una volta fatto, tutto è sembrato essere anche più bello.
Mi sono chiesto, vedendoli, come potessero i giocolieri riuscire a scambiarsi quella moltitudine di oggetti dalle forme più disparate senza mai perderne il controllo.
Simpatici i clown che provavano le loro scenette, ricche di cadute a terra e scivoloni talmente reali che i ragazzini nelle vicinanze ridevano di gusto nonostante quelle scene le avessero già viste migliaia di volte.
In un recinto, per la verità non molto grande, convivevano pacificamente due cammelli, una giraffa, due lama, ed alcune zebre (alternarsi di strisce bianche e nere non mi permetteva un conteeggio preciso...).
Poco distante una grande gabbia (decisamente più spaziosa del recinto) con dentro una strana coppia: un uomo, in tuta da ginnastica di colore ... indefinito, di piccola statura, grassottello, con dei baffoni enormi che conpensavano l'assoluta mancanza di capelli, ed un leone nella sua maestosita, nella mole e nelle movenze.
Vedondolo ti rendi conto del perchè è considerato il "re" degli animali. Non ha necessità di attaccarti, di impaurirti, solo la sua presenza, il suo sguardo incutono timore e non puoi far altro che inchinarti a lui riconoscendone la superiorità.
Nonostante ciò, il piccolo uomo sembrava non averne paura, anzi, dei due era proprio lui ad avere il "comando".
Che cosa ridicola quella frusta che l'uomo brandiva ritmicamente: credeva veramente che il leone temesse quell'oggetto ? Io credo che l'animale, dentro di se ridesse anche lui come stavo facendo io in quel momento .... una frusta cosa può essere in confronto alle avversità di una vita nella savana.
Ma il "gioco" continuava, l'umano chiedeva, l'animale faceva, con rispetto ed ubbidienza.
Quell'uomo, nonostante la sua convizione di comando e possesso, voleva sicuramente bene a quel leone, lo si vedeva da come lo guardava, da come gli parlava, come se l'animale potesse capire quello che gli veniva detto ... che scemo che sono! Certo che lo capiva, faceva solo finta di non riuscirci ... un gioco anche quello.
Li ho osservati attentamente fino a che l'uomo non ha deciso che era l'ora di prendersi una pausa.
Dato che per me è difficile farmi gli affari miei, mi avvicino all'uomo per chiedergli se pensasse veramente di avere il comando sul leone, e se, secondo lui, il suo compagno era contento di ciò che faceva.
"certo che si!" fu pronto a rispondere come se quella domanda gli fosse già stata rivolta centinaia di volte ed avesse già elaborato una risposta "è con me fin da piccolo, aveva pochi mesi che fu prelevato dal suo branco, non può nemmeno ricordarsi delle sue origini. L'ho curato e cresciuto, l'ho amato e coccolato. E' stato molto più fortunato dei suoi fratelli che saranno finiti chissà dove.
Quando aveva fame gli ho dato da mangiare, se aveva freddo un tetto, quando stava male ero vicino a lui.
Stai tranquillo, è felicissimo di stare con me."
Il suo entusiamo, le sue parole mi avevano quasi convinto.
a pochi metri, il leone, aveva assistito a tutto ed ora mi stava osservando, la sua espressione sembrava volermi dire qualcosa. Cercai conferma e chiesi lui se si sentisse felice.
"certo" anche lui sembrava avere la risposta pronta "come potrei non esserlo. Tutto quello che ti ha detto l'uomo è vero, non mi ha fatto mai mancare niente, nemmeno l'affetto quando ero ancora un cucciolo. Gli sono riconoscente, è per questo che fingo di temere la sua voce e quella sua buffissima frusta, crede di avermi domato e si sente realizzato, in realtà è solo una forma di rispetto nei suoi confronti. Si, amico folletto, sono felice".
Però! Mi aveva quasi convinto anche lui, ma ... stavo per farmi riprendere dal vento quando mi sono voltato di scatto e sono tornato velocemente verso il leone, e l'ho guardato neglio occhi.
Ho visto spazi immensi, alberi, animali, un cielo azzurrissimo ed un sole rosso. Non so se quei ricordi fossero consci o generati da una sorta di memoria genetica, ma le mie quasi convinzioni franarono del tutto.
Il leone era contento, felice, stava bene .... ma quello non era il suo posto.
Me lo hanno detto i suoi occhi.

giovedì 4 febbraio 2010

10-Febo

Incuriosito, mi sono avvicinato al sole (l'ho potuto fare perchè le mie ali sono vere, mica un impiastro di penne e cera come quelle di quel pazzerello greco...).
Volevo capire quanto luminoso e caldo potesse essere il suo influsso su di me annullando la distanza tra noi.
Immaginavo che, così facendo, la mia forza interiore sarebbe aumentata.
In effetti più mi avvicinavo e maggiori erano le sensazioni che provavo: la sua passione, sotto forma di calore, mi invadeva, la luce che emanava mi abbagliava costringendomi a chiudere gli occhi.
Fino a che ho potuto, sono rimasto li a godermi tutto ciò, mi sono fatto trascinare dal suo amore dalla sua vitalità.
Poi, però, mi sono dovuto allontanare per evitare che quell'eccesso di emozioni mi portasse oltre i limiti della sopportazione.
Mi sono dovuto staccare da lui, con estrema fatica ma l'ho fatto, convinto comunque di fare la cosa giusta.
Adesso lo guardo da lontano, continuo a sentire il suo calore anche se meno intenso di prima, i miei occhi non sono più abbagliati da così tanta luce, ma al suo passaggio, se i nostri sguardi si incrociano, ancora socchiudo gli occhi.
Lo vedo, lo sento e sò che c'é.
E' stato, lo è, e sempre sarà la mia fonte di energia.
La mia vita.

mercoledì 3 febbraio 2010

9-La foglia

Un colpo di vento ha lasciato tra le mie mani una foglia che, ormai, lontana dal suo ramo, portava con se un messagio.
Qualcuno, vi aveva infatti scritto sopra una breve poesia:

I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte

E i passanti che passano li segnano a dito

Ma i ragazzi che si amano

Non ci sono per nessuno

Ed è la loro ombra soltanto

Che trema nella notte

Stimolando la rabbia dei passanti

La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia

I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno

Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno

Nell'abbagliante splendore del loro primo amore

(Jacques Prévert)

Mi piace quello che c'è scritto, perchè è ancora vivo in me quell' "abbagliante splendore", e specialemnte perchè ogni amore che ho avuto, per me è sempre stato un "primo" amore.
E' bello baciarsi tra la gente, incurante dei loro giudizi, consapevoli della loro invidia.
Vorrei non smettere mai di baciare, vorrei avere sempre accanto un angelo da baciare ....

martedì 2 febbraio 2010

8-Il gioco

Sotto i miei occhi una piacevolissima scena, uno di quei momenti per cui vale la pena fermarsi e starsene fermo a guardare.
Un gruppo di bambini stava giocando su un prato verde, da un lato alcune femminucce ognuna con la sua bambola, intente a fare le "donnine".
Alcune alle prese con coloratissimi vestitini, altre che armeggiavano in piccole cucine giocattolo.
I maschietti, poco lontano, imbracciavano le loro mega pistole spaziali, multicolori e dotate di effetti sonori incredibili.
Si rincorrevano inneggiando a personaggi a me sconosciuti.
Le loro gioiose grida riempivano l'aria, le bimbe intanto ridevano di loro non comprendendo tutta quella strana attività.
Una mamma li chiama a raccolta, c'è la merenda da fare.
Uffà ! sembrano pensare sia gli uni che le altre, ci stavamo divertendo ... facciamo presto e ricominciamo.
Nella frenesia, uno dei bambini cade a terra, scoppia a piangere; mi avvicino, niente di grave, solo una sbucciatura al ginocchio, un pò di sangue di colore rosso, rosso vivo.
Improvviso un forte colpo di vento, si alza un pò si sabbia, chiudo gli occhi.
Pochi secondi, sento che la folata è cessata e li riapro, non sono più nel posto in cui ero prima, non devo aver fatto molta strada in così poco tempo, ma non importa, ci sono ancora i bambini, non gli stessi, ma ci sono.
Il prato non è più così verde, ma per il resto tutto sembra uguale: bambine da una parte con le loro bambole, i loro vestitini (come per il prato meno colorati dei precedenti) e le loro pentole, dall'altro i maschi a correre e rincorrersi imbracciando le loro armi ... ed anche queste meno colorate ma molto, molto più rumorose (almeno quello!).
Stesse grida, stessi movimenti, forse meno goliardia, meno gioia nei loro occhi, sono comunque bambini che giocano.
Simpatica coincidenza anche adesso un maschietto cade a terra, ed anche in questa occasione esce del sangue, rosso, rosso vivo.
Strano però, il bimbo non si rialza, e nessuno si cura di lui, non accorre la sua mamma e nemmeno i compagni di gioco.
Il sangue aumenta, è ormai una pozza, ed è rosso, rosso vivo.
Mi avvicino, vediamo se posso essere di aiuto.
Ehi bambino alzati, i tuoi compagni ti stanno aspettando, forza non è niente, sarà la solita sbucciatura.
Non mi risponde, non mi guarda, eppure sento un pianto insistente, anzi più di uno, che provengono dalla zona dove giocano le bambine, mi volto verso di loro e mi accorgo che quelle che pensavo fossero bambole sono, invece, bambini, anch'essi.
Bambine, piccole, che si curano di bambini più piccoli di loro...
Anche il fucile, accanto al bimbo, è molto realistico ... lo tocco, è vero, non è un giocattolo.
Gli altri bambini non stanno giocando alla guerra ... la stanno facendo, e questo bambino, a terra accanto a me, non credo potrà rialzarsi per continuare a farla...
Ma che stà succedendo ?
Dove sono capitato ?
Cosa hanno di diverso questi bambini dagli altri che avevo incontrato prima e che distano solo pochi secondi di volo da qui ?
Non hanno niente di diverso, sono bambini, piccoli, innocenti, ingenui, con occhi che esprimono solo voglia di vivere.
A guardar bene una differenza ci sarebbe, ma non posso credere che possa essere questo il motivo di sittanta disparità: questi bambini, diversamente dagli altri, hanno la pelle nera, anche se il loro sangue è ugualmente rosso, rosso vivo.
Non riesco a trattenere le lacrime, mi sento impotente.
Ma non resterò a guardare.

lunedì 1 febbraio 2010

7-La Libellula

Nel mio vorticoso viaggiare, ho incontrato una creatura veramente speciale.
Come al solito, pigramente, mi lasciavo trasportare dalla brezza marina, quando da lontano ho visto lei, una libellula che, a dispetto della sua figura esile e fragile, stava dimostrando una incredibile forza nel voler assolutamente volare controvento.
Uno sguardo, poche parole, sufficienti però a farci capire un immmensità di cose.
Il fato, che fino ad un certo momento della sua vita le era sempre stato amico, improvvisamente le aveva voltato le spalle ed aveva tentato di strapparle quelle bellissime ali che aveva.
Ma lei era riuscita a ribellarsi ed aveva così intrapreso questo cammino.
A volte le venivano a mancare la forze ed il vento la riportava al punto di partenza, ma lei, testardamente, ricominciava dall'inizio, ripercorrendo strade già fatte, ma sempre a testa alta e con sguardo fiero.
Mi è passata accanto, era bellissima, è stato un attimo, giusto il tempo affinchè lei mi potesse sussurrare un "grazie, mi sei stato di aiuto!"
Ma cosa ??? Io di aiuto a lei ??? Grazie ???
Come può non essersi resa conto che quello che ha guadagnato da questo fugace incontro sono io?
Possibile che non abbia capito che la sua forza e la sua determinazione mi hanno contagiato?
Grazie a te, dolce libellula, continua per la tua strada, che è quella giusta, ti auguro buona fortuna.
Spero che un giorno i nostri venti si incrocino di nuovo, sappi comunque che da oggi hai un amico in più.