mercoledì 23 dicembre 2020

La tregua di Natale

 


Sono passati più di cento anni, ma certe storie ci vengono ancora raccontate dai grandi saggi nelle notti buie e fredde che precedono il Natale.

Cento anni … nemmeno i nostri saggi le hanno vissute in prima persona queste storie, anche loro le hanno ascoltate ed apprezzate in notti come queste, dai loro nonni.

Oggi vanno d’accordo (almeno sembra), ma cento anni fa Elfi ed Orchi non si potevano vedere!

"Che ridicole orecchia a punta!"

"Belle quelle zanne!"

"Ma perché non ti leghi i capelli?"

"Ma perchè non dimagrisci un po'"

"Stecchino!"

"Ciccione!"

Erano veramente insopportabili, ma purtroppo non si fermarono alle parole … stuzzica oggi, stuzzica domani, alla fine uno un po' più agitato degli altri lanciò la prima pietra e da quel momento i due popoli entrarono in una guerra, di cui dopo qualche anno dimenticarono anche il motivo di origine, che però non risparmiò proprio nessuno.

E come in tutte le "grandi" guerre, gli altri popoli decisero di prendere le parti di uni o degli altri … spesso senza sapere nemmeno il perché.

Per anni nel bosco non vi fu altro che guerra, finchè un giorno le opposte fazioni si ritrovarono a fronteggiarsi su una radura: non c'era niente di importante in quella radura, non c'erano alberi da frutta, non c'era acqua, solo erba, un grande prato incolto.

Elfi, e loro alleati, su un lato che scagliavano con le fionde grandi pietre contro gli Orchi che, sull'altro lato con i loro amici, lanciavano anch'essi tutto ciò che si trovavano per le mani.

Non c'era un vincitore, non c'era un vinto e nemmeno ci saranno stati in futuro ...

Ma una notte, mentre Elfi, Orchi, Gnomi, Fate, Folletti, Maghi, dormivano nascosti dietro gli alberi e grandi rocce, coperti di niente e sofferenti per il freddo e le ferite, qualcuno, non si è mai saputo chi, cominciò a cantare una canzone di Natale.

Era il 24 dicembre e quell'improvvisato cantante, pensando ai suoi cari che il giorno dopo si sarebbero riuniti per uno dei più tristi Natali della loro storia, cercò di tirarsi su di morale intonando le canzoncine che aveva imparato da bambino.

Alla sua voce se ne aggiunse presto un'altra, poi un'altra, ed un altra ancora; in breve tempo tutti cominciarono a cantare e per un momento fu come se la guerra non ci fosse mai stata.

A fare cornice a quelle note, il sole spuntò dietro la montagna e la luce invase quella inutile radura.

Uno, forse il "cantante" o forse no, forse un Elfo o forse un Orco, decise di uscire allo scoperto e con in mano una logora e sporca sciarpa, si incammino verso il centro della radura ed una volta raggiunto, si sedette.

Dall'altro schieramento qualcuno decise di lasciare il suo nascondiglio e di raggiungere il primo per sedersi accanto a lui: in mano teneva un cappello (o quello che ne rimaneva).

I due si scambiarono i "regali", si abbracciarono, si commossero, poi si sedettero nuovamente a terra e ripresero a cantare.

Sia da una parte che da l'altra, uno alla volta, fino all'ultimo, tutti uscirono e, lasciate a terra le loro armi, si diressero verso i due compagni, vi fu un enorme abbraccio collettivo, tante strette di mano, scambi di oggetti di scarsissimo valore ma di grande significato.

Addirittura uno tirò fuori un pallone e fu organizzata una partita di calcio che durò tutta la giornata, fino a che il sole illuminò la radura … poi ognuno se ne tornò da dove era venuto, Natale era finito, domani ricominciava la guerra!

Sembra una storia, ma i saggi dicono che è successo veramente!

Io non so … è veramente strana come storia …

Comunque, BUON NATALE !

 

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Era la notte del 24 dicembre 1914 membri delle truppe tedesche e britanniche  schierate sui lati opposti del fronte presero a scambiarsi auguri e canzoni dalle rispettive trincee, e occasionalmente singoli individui attraversarono le linee per portare doni ai soldati schierati dall'altro lato; il giorno di Natale, un gran numero di soldati provenienti da unità tedesche e britanniche lasciarono spontaneamente le trincee per incontrarsi nella terra di nessuno per fraternizzare, scambiarsi cibo e souvenir. Oltre a celebrare comuni cerimonie religiose e di sepoltura dei caduti, i soldati dei due schieramenti intrattennero rapporti amichevoli tra di loro al punto di organizzare improvvisate partite di calcio.

 

 



 

 

martedì 14 gennaio 2020

Ma come fai?








A quanto pare il cielo ha ancora bisogno di stelle ...

Ancora una volta mi sono sentito chiedere: "Ma vale la pena? Ma come fai? Ci si abitua?"

Mi è allora tornato in mente un post vecchio di oltre 4 anni cher ripropongo perchè

- si, vale sempre la pena

- non lo so come faccio

- no, non ci si abitua, mai!


PARTENZE


E' come stare seduti sulla panchina di una stazione ferroviaria: nascosto dietro un naso rosso (anche quando non fa freddo) ed un vestito dai colori forse troppo vistosi.

Ti passano davanti, ti salutano, alcuni, ... troppi ..., si fermano a parlare con te (o te a parlare con loro).

Temono il viaggio, sanno che partire significa lasciare.

Aspettiamo il treno insieme, scambiando quattro chiacchere, scherzando e ridendo come fossimo amici da una vita, ma ci siamo appena conosciuti.

Non riescono a sorridere, invece, gli accompagnatori; loro no, loro ci guardano e fingono allegria, sorrisi che nascondono una gran voglia di piangere.

Chi parte lascia, ma sa di essere all'inizio di un viaggio che lo porterà chissà dove, ma chi resta ... lascia e basta.

Strano: speri che il treno sia in ritardo, magari che un guasto lo fermi, anche solo per un po ... magari che non riparta più. Invece arriva troppo spesso e con troppo poco ritardo.

La frenata è rumorosa, stridula ... fastidiosa, le porte si aprono e li aiuti a salire, a fare attenzione ai gradini, gli porgi le loro valige, pesanti, piene di ricordi.

Vorresti stare li a salutarli tutti, vedere le loro mani agitarsi ai finestrini, ma capisci che tu eri li solo casualmente seduto sulla quella panchina, è giusto che i saluti li facciano gli accompagnatori che li hanno portati fin li ... e ti senti di troppo ... e cambi panchina per non incrociare i loro sguardi, come fossi un ladro ....

Di ognuno di loro ti resta solo il nome ed un sorriso.

E così ti domandi se valga la pena continuare a sedersi su quella panchina, con quel naso rosso e con quei buffi vestiti ... a vedere partire così tanti viaggiatori sapendo che non torneranno sui loro passi; sono pochi quelli che decidono di non salire su quel treno, ma chi lo fa, lo fa per sempre.

Poi, all'improvviso ti arriva un messaggio, da un "accompagnatore", uno dei tanti che hai visto alla stazione, uno di quelli che sicuramente l'ultima cosa che ti hanno chiesto è stata "... perchè?".

... uno di quelli ai quali non hai saputo dare una risposta ...

Leggi il messaggio, riga dopo riga,  parola dopo parola, lo rileggi. 

Si, ne valeva la pena ...